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L'ANSIA DELLA DIAGNOSI CLINICA

L’impossibilità per alcuni pazienti di risolvere adeguatamente il loro stato d’ansia può comportare alcuni gravi problemi circa i rapporti sociali. Problemi non risolti possono essere causa d’ansia. Stress e conflitti che non si annullano nella vita emotiva del paziente si trasformano in una tensione esteriore tra il paziente stesso e l’ambiente, oppure in una tensione emotiva interna causata dalla sua particolare struttura psichica. Gravi deficienze emotive possono sopraffare anche la personalità più equilibrata.Alcune personalità sono tuttavia incapaci di affrontare normali stress, conflitti, tensioni , malgrado ognuno sia in grado di sopportare stress ed ansietà prima di essere emotivamente sopraffatto. E’ importante per il medico ricordare che la comprensione delle cause dell’ansia consente di approfondire notevolmente i suoi rapporti con il paziente.Il medico dovrebbe rendersi conto che il comportamento irregolare di un paziente, unitamente ai sintomi esteriori , non costituisce una indicazione alla soluzione della fondamentale mancanza di sicurezza, causa di tali sintomi. La paura deve essere valutata. L’ansia è correlata alla paura e questa costituisce il più sconfortante quadro reattivo. Non tutti i timori e le paure tuttavia sono da evitare, poiché tale istinto è stato istillato al corpo umano come il più elementare metodo di autoconservazione. L’ansia è molto diffusa nel mondo perché le persone non sono abituate ad affrontare problemi complessi e come risultato esse si privano dell’opportunità di prepararsi contro l’emozione. I pazienti tentano di evitare gli stress e le tensioni dimenticando completamente che prima o poi essi dovranno manifestarsi non soltanto fisicamente ma anche emozionalmente. I pazienti sono inclini a ricercare consigli nello sforzo di liberarsi dell’ansia, tuttavia il medico deve capire che non si ottiene in questo modo la sicurezza emotiva. L’uomo è stato creato per fronteggiare una certa quantità di stress, come normale processo di vita, ed egli è, inoltre, capace di sopportarne gran parte. Lo stesso processo della nascita costituisce una conferma. Nell’infanzia il paziente non è in grado di affrontare e risolvere i problemi , però, anche in queste circostanze egli reagisce emotivamente con intensa sensibilità; quindi soddisfatte le proprie necessità ed avendo scoperto di essere emotivamente accetto, l’ansia si riduce notevolmente. L’infanzia di ogni paziente è probabilmente l’unico periodo della vita in cui tutte le sue necessità emotive vengono esaudite da altri. Molte volte, tali pazienti cecano immagini fittizie con le quali associarsi durante gli stati d’ansia.. In genere essi tornano indietro nel tempo a quel periodo della loro vita i cui si sentivano sicuri , in cui tutte le loro necessità emotive erano soddisfatte e non minacciate. Pazienti adulti di fronte ad uno stress possono inconsciamente rifarsi alla loro infanzia e tentare di dipendere da qualcuno che, secondo le loro opinioni, dovrebbe soddisfare le loro necessità. Atmosfera di tensione Tutti in questo mondo siamo nati in un’atmosfera di tensione. In ogni rapporto tra medico e paziente il processo vitale nell’accrescimento umano è forse il fattore più importante di cui il medico si dovrebbe interessare. E’ essenziale che la personalità umana sia analizzata ed è importante riconoscere che l’uomo è in sintesi un animale psicosomatico. La parte somatica, il corpo o parte materiale, si manifesta attraverso le sue funzioni e attività. La parte psichica , non materiale, concerne il lato psicologico ed emotivo ed è la parte che il medico dovrebbe maggiormente esaminare. Ansietà L’organismo umano è costantemente sottoposto a sforzi, tensioni e stati d’ansia Il modo in cui i pazienti si comportano durante i periodi in cui sono sottoposti a stress è determinato non dalla natura intrinseca della tensione stessa ma dal modo in cui i pazienti reagiscono , considerano e sentono lo stress. L’incapacità di un paziente di fronteggiare gli stati depressivi causa l’ansia che può manifestarsi in vario modo. In molti casi l’ansia si manifesta sotto forma di reazione isterica che altro non è che una forma di crisi acuta d’ansia. La maggior parte degli esseri viventi ha sperimentato i consueti sintomi di eccessiva traspirazione, astenia, tremore, tachicardia, spasmi gastrici , colon irritabile, bruxismo, nausea e vomito. In altri casi lo stato ansioso tende ad essere somatizzato sotto forma di quella che oggi viene chiamata fibromialgia. Taluni pazienti apparentemente calmi hanno cercato inconsciamente di evitare la dolorosa esperienza mentale di una crisi d’ansia trasformandola in tensione nervosa e stato patologico psicosomatico. Quando l’ansia di un paziente è inconsciamente rivolta ad un morboso interesse circa problemi inerenti alla salute, si crea uno stato ipocondriaco che in casi estremi può trasformarsi in nevrastenia. Il dolore nel paziente ansioso Il dolore è un fenomeno percettivo complesso e soggettivo che comporta una percezione e una risposta a questa. La percezione è per una lesione tissutale reale o potenziale. La risposta è sia affettiva che attraverso meccanismi fisiologici che cercano di opporsi al danno. Una delle ossessioni del cervello è quella di mantenere la migliore omeostasi possibile nella minore unità di tempo e spazio; il dolore è lo stimolo più potente che genera la risposta omeostatica. L’ansia si attiva immediatamente all’esordio del dolore e questo spiega i fenomeni memoriali del dolore. Se il meccanismo di risposta al dolore è efficace l’ansia non raggiunge il livello della coscienza, altrimenti si attivano dei circuiti che tendono a girare insieme (circuito del dolore e quello dell’ansia). L’ansia è direttamente proporzionale al dolore. Un dolore che perdura più di 6-7 mesi diviene cronico e a quel punto si accompagna alla sofferenza, che è un parametro psichico da partecipazione limbica, cioè emozionale. A questo punto si può instaurare una depressione (40% delle depressioni sono accompagnate da dolore cronico). Esiste una partecipazione endocrina (ipotalamo-ipofisi-surrenali)e anche un coinvolgimento del pensiero con un abbassamento di tutte le capacità cognitive sia delle fasie (disturbi del linguaggio), delle prassie, delle gnosie (del riconoscimento) e questo è dato dal fatto che il dolore occupa in maniera importante il cervello distraendolo dal resto. Il paziente fibromialgico che si presenta alla nostra osservazione in genere lamenta delle problematiche dolorose localizzate a uno o più distretti corporei che si instaurano in modo profondo nel soma e nella psiche portando alla creazione di circuiti patologici nella zona limbica difficilmente modificabili. Questi pazienti si presentano in genere con un ampio corredo di esami strumentali(radiografie, TC, RM) su cui focalizzano in modo ossessivo la loro attenzione. L’approccio a questo tipo di malato deve essere molto attento e graduale e può essere terapeuticamente utile se si riesce ad instaurare con loro un rapporto di fiducia che li aiuti ad intraprendere un percorso di guarigione. E’ comunque molto importante, per il medico, prima di emettere una sentenza di forma muscolo-tensiva su base neurodistonica, valutare con attenzione la situazione posturale del paziente per escludere che alla base dei suoi disturbi non ci sia una vecchia problematica recettoriale che lentamente si sia instaurata coinvolgendo progressivamente altri recettori o una problematica nutrizionale dismetabolica. Questo tipo di paziente andrà prima di tutto riprogrammato secondo la metodica della riprogrammazione posturale globale. Successivamente andrà impostato un trattamento di neuroauricoloterapia per agire sulla componente ectodermica in modo diretto sui circuiti emozionali e posturali. Indispensabile trattare il foglietto mesodermico con trattamenti massoterapici riflessi tipo Tuinà o massaggio connettivale.Utile l’abbinamento di una terapia medica sistemica personalizzata che riequilibrando la componente endodermica della patologia abbina alla sua efficacia anche un più stretto rapporto tra medico e paziente.






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