In terapia infiltrativa, qualunque sia la tecnica che adoperiamo, abbiamo dei precisi requisiti da rispettare per ottenere il risultato piu’ preciso possibile col minor numero di effetti collaterali. Non voglio ora parlare di tutta la metodica infiltrativa, farmaci, presidi, disinfezione ecc., ma mi riferirò solo al metodo di esecuzione della puntura profonda. Quando decidiamo di raggiungere con la punta del nostro ago una struttura posta lontano dalla cute, dobbiamo rispettare alcuni canoni geometrici che ci possono aiutare.
Il piu’ importante è certamente la perpendicolarità degli assi su cui lavoriamo: l’asse del nostro ago deve essere quanto piu’ possibile perpendicolare all’asse della struttura da raggiungere. Maggiore sarà l’inclinazione del nostro ago e maggiori saranno le possibilità di mancare il target che ci eravamo prefissati. Come si può ottenere questo?
Fondamentale è il corretto posizionamento del paziente:dobbiamo cercare di porre la colonna vertebrale parallela al piano di lavoro, ogni torsione/lateralizzazione porterà una alterazione della posizione del bersaglio ed una alterazione degli assi di lavoro, soprattutto se la struttura è lineare anziché puntiforme. Nella nostra mente le strutture anatomiche sono visualizzate in maniera schematica e precisa: sappiamo bene come questo non sia vero, sono infatti comuni le anomalie anatomiche. Ci può senz’altro aiutare: la ricerca precisa dei punti di repere e la proiezione del bersaglio sulla cute, ma la chiave è il corretto, quasi maniacale posizionamento del paziente sul nostro lettino chirurgico.
Un altro particolare da ricordare è che i nostri aghi, mediamente piuttosto sottili, tendono a mantenere in profondità la direzione iniziale: ciò vuol dire che se si manca in bersaglio al primo passaggio, conviene ritirare l’ago fino al sottocute per reinserirlo daccapo. E’ in questa ottica che ritengo utile l’anestesia della cute, poiché possiamo con tranquillità reinserire l’ago per raggiungere il nostro scopo.
Vale la pena di tenere a mente il discorso della intersezione degli assi soprattutto nel caso di bersagli anatomici allungati (tendini, nervi, vasi). Abbiamo due possibilità: posizionarci perpendicolari ed operare “a ventaglio” inclinando l’ago in profondità, oppure, meglio, ritirando l’ago nel sottocute e procedendo sempre perpendicolari, ma piu’ lateralmente rispetto al punto iniziale. Sottolineo infine un requisito banale,ma che ci può evitare spiacevoli inconvenienti: la sensibilità alla consistenza dei tessuti. Occorre, con calma e delicatezza, acquisire una sensibilità al tipo di tessuto che incontriamo procedendo in profondità: caratteristico è la resistenza offerta dai legamenti, ma anche dalle fascie e dalla parete dei vasi. In un futuro ormai vicino, l’ecografia ci sarà di aiuto, ma per ora…attenzione, esperienza e prudenza. Dott. Marino Raiola
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