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PROLOTERAPIA: ATTREZZI DEL MESTIERE

La Proloterapia, per la sua specifica caratteristica di essere una terapia di recupero, mirata a strutture profonde, necessita di competenza, abilità e strumenti dedicati ed affidabili.

Lo strumento principe è sicuramente l’ago da iniezione che ci permette di depositare la nostra soluzione proliferante nelle strutture da trattare.

Quali caratteristiche deve avere un buon ago? La dote pricipale credo che sia la “durezza”, che sarebbe la caratteristica che ci permette di apprezzare la consistenza dei tessuti che attraversiamo. Un ago di buon accaio, flette meno, trasmette meglio la consistenza dei tessuti, soprattutto se la sua punta non è troppo acuta. Un ago troppo sottile è pericoloso perché scarsamente direzionabile (va dove vuole lui) e poco sensibile. Consiglio in questa ottica di scegliere gli aghi piu’ corti possibile.

Esistono, per esempio degli aghi completamente in metallo (anche il cono), prodotti dalla Monojet, introvabili in Italia, della misura di 25g.per 50mm. eccezionali per infiltrare il rachide cervicale e toracico). Per la colonna lombare, il miglior compromesso è forse il 23 g, per 60mm. (Braun) che pur essendo talora corto, ci aiuta nella maggior parte dei casi ad infiltrare bene faccette e trasverse. Bisogna anche tenere sempre in mente la remota ma reale possibilità di “pizzicare” la dura madre: un ago di 18 o 20 g. non perdona: la cefalea durale è assicurata. Un’eccezione a questa regola si realizza quando dobbiamo infiltrare le piccole articolazioni delle mani o dei piedi: un buon ago da 27g. ci permetterà di penetrare con faciltà nella cavità articolare.

Un altro aspetto meritevole di considerazioni specifiche è rappresentato dalla disinfezione del sito di iniezione. Il mezzo probabilmente piu’ efficace è la clorexidina al 2% (introvabile in Italia). Agisce in pochi secondi su batteri virus e funghi, ma ha la spiacevole caratteristica di essere irritante per la vie respiratorie e se nebulizzata dare broncospasmo. Noi preferiamo la soluzione iodata acquosa, nota a tutti col nome di Betadine. Possiede una latenza di due minuti per esplicare la sua azione, ma al momento è sicuramente il miglior disinfettante in commercio. Due parole sulle mani degli operatori. L’igiene deve essere scrupolosa con lavaggi accurati all’inizio del lavoro ed utilizzo delle moderne soluzioni disinfettanti specifiche fra un paziente e l’altro. L’uso dei guanti dovrebbe essere una regola fissa: sterili per le intrarticolari. Consigliamo l’uso dei guanti protettivi di lattice senza talco (facilita l’insorgenza di sensibilizzazioni). Infine le siringhe: dovrebbero essere sempre con attacco Luer-lock per evitare deconnessioni involontarie quando si inietta a pressione.

C’è ancora una cosa, forse la piu’ importante da raccomandare, ed è la delicatezza nella esecuzione di tutte le manovre, anche le piu’ banali, la possibilità di fare danni è sempre in agguato…

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